Molti sono convinti che l’intelligenza artificiale non possieda nessuna dote creativa. In effetti, questa convinzione non è del tutto infondata, poiché strumenti come ChatGPT e i concorrenti, in fondo, non creano nello stesso modo in cui lo fanno gli umani. Fondamentalmente, assemblano parole e immagini in modo che sembri logico, attingendo a un vastissimo database di dati. Tuttavia, una recente ricerca sta cambiando un po’ le carte in tavola.
Un gruppo di studiosi del Dipartimento di Storia e Filosofia della Scienza dell’Università di Pittsburgh ha messo a punto uno studio piuttosto intrigante, pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Questo progetto aveva come obiettivo principale quello di indagare come le persone percepiscono le poesie scritte dagli umani rispetto a quelle generate dall’intelligenza artificiale. Era un esperimento volto a esplorare i confini della creatività nella poesia e a rivelare se, e in che modo, il pubblico distingueva le due forme di espressione artistica.
L’idea era di valutare un fenomeno particolarmente interessante. La poesia, un’arte da sempre ritenuta espressione infinitamente umana, si scontrava con l’idea che le macchine potessero emulare la stessa bellezza e profondità emotiva. I ricercatori hanno utilizzato dieci opere poetiche per il loro esperimento, cinque delle quali scritte da famosi poeti storici e cinque generate appositamente da ChatGPT, il tutto mantenendo uno stile simile a quello degli autori originali.
Per ottenere risultati significativi, gli scienziati hanno coinvolto ben 1.634 partecipanti, sottoponendoli a un compito creativo vero e proprio. Dopo aver presentato le dieci poesie, il compito dei partecipanti era di identificare quale fosse l’autore delle opere analizzate. Sorpresa delle sorprese: la maggior parte dei partecipanti non è stata in grado di distinguere le composizioni create dall’AI da quelle realizzate dai giganti della letteratura, tra cui il leggendario William Shakespeare.
Questo risultato ha suscitato non poche perplessità nel mondo della poesia. I partecipanti, infatti, tendevano a credere che le poesie generate da ChatGPT fossero scritte da esseri umani. La reazione del pubblico ha messo in luce una sorta di potere invisibile esercitato dall’intelligenza artificiale nella sua capacità di imitare e, in un certo senso, replicare il genius dei grandi autori. Ma le sorprese non finiscono qui.
I ricercatori non si sono fermati qui. Un secondo gruppo di 696 partecipanti è stato reclutato per valutare le poesie attraverso 14 criteri diversi, come emozione, originalità, bellezza e ritmo. Qui, è emersa una tendenza interessante. Quando i partecipanti non erano a conoscenza di quale fosse la fonte delle poesie, sembravano preferire, se così si può dire, i lavori generati dall’AI rispetto a quelli di autori famosi come Shakespeare. Una vera e propria sorpresa!
Questa preferenza ha sollevato interrogativi piuttosto intriganti. Secondo i ricercatori, pare che le persone tendano a favorire le composizioni poetiche scritte dalle macchine perché risultano più semplici e dirette. Inoltre, è emerso un aspetto interessante: pur essendo consapevoli che dovrebbero apprezzare le opere create dagli umani, in realtà, le opere dell’intelligenza artificiale erano più fruibili e comprensibili, al punto da confondere i lettori.
Quindi, si è aperto un dibattito importante su cosa significhi davvero “creare” poesia. Mentre la tecnologia avanza e l’AI continua a svilupparsi, domande cruciali riguardanti l’arte e come essa viene interpretata dalla società si fanno sempre più pressanti. La questione quindi non è solo se l’AI possa essere creativa, ma anche come la sua creatività influisca sulla nostra percezione della bellezza letteraria e dell’espressione umana.
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