Negli ultimi anni, passeggiando per le strade di Roma, ci si imbatte sempre più spesso in un curioso protagonista della flora urbana: l’Ailanthus altissima, noto anche come albero del paradiso. Questo albero, dall’aspetto affascinante e misterioso, ha trovato il suo posto in molte aree della capitale, ma non senza sollevare preoccupazioni per la sua invasività. Con la presenza di esperti come il Dottor Andrea Bonifazi, si cerca di capire le origini, le caratteristiche e le problematiche legate a questa specie che sembra aver preso il sopravvento.
L’Ailanthus altissima, botanicamente parlando, appartiene alla famiglia delle Simaroubaceae e trova le sue radici in terre lontane, precisamente in Cina e nelle Molucche. Questa specie, molto versatile, è stata portata in Europa già nel lontano 1740, un periodo in cui ci si lasciava affascinare dai vegetali esotici, senza preoccuparsi degli impatti sull’ecosistema locale. Oggi, l’Ailanthus è diventato parte integrante di paesaggi in molte nazioni, dagli Stati Uniti all’Australia, fino a Sud Africa e Nuova Zelanda. La rapidità di crescità di questo albero è sorprendente: può arrivare a raggiungere qualcosa come 25 metri d’altezza, un’esplosione verde che ha portato, in effetti, al suo soprannome di “albero del paradiso”.
Il suo nome scientifico, Ailanthus, deriva da un termine malese “ailant” o “aillanitol” che si traduce con “albero che raggiunge il cielo”. La peculiarità del suo aspetto e la sua robustezza hanno contribuito alla sua diffusione, e oggi è abbastanza comune vederlo crescere sui marciapiedi o lungo le strade, spesso affiancato a guardrail e in aree verdi. Anche in contesti urbani, può svilupparsi, mostrando una resistenza notevole alle condizioni avverse e alla competizione con altre specie. Tuttavia, questa bellezza nasconde un problema crescente: la sua natura invasiva.
Perché è così invasivo?
La questione dell’invasività dell’Ailanthus altissima è stata sollevata da ecologisti e appassionati di natura, come il Dottor Andrea Bonifazi, il quale sottolinea che la situazione inizia a farsi critica. In effetti, mentre si tentano di mettere in atto misure di controllo e prevenzione, l’albero sembra avere una straordinaria capacità di proliferare. La sua resistenza e velocità di crescita, sebbene ammirabili, rendono chiara la sua capacità di competere con le specie autoctone. Ogni tentativo di rimozione, come il taglio degli esemplari mature, spesso non solo non riesce, ma può aggravare il problema. Infatti, l’Ailanthus è una specie pollonifera, il che significa che è in grado di produrre nuovi esemplari anche da frammenti delle sue radici o fusti.
La bellezza dell’albero, con la sua chioma verde e rigogliosa, non viene percepita da tutti come una minaccia. Tuttavia, la sua crescita veloce non fa altro che affossare la biodiversità locale, che deve affrontare una vera e propria competizione per risorse limitate. Nonostante siano stati messi in campo vari interventi per contrastarne l’espansione, spesso i risultati non sono soddisfacenti. Le aree interessate da queste forzate eradicazioni si ritrovano a diventare un terreno fertile per una proliferazione ancora maggiore dell’albero del paradiso.
Una minaccia per le altre specie?
Cosa rende l’Ailanthus altissima così pericoloso per gli altri alberi e piante che vivono accanto a lui? La sua capacità di adattamento è senza alcun dubbio uno dei fattori chiave. Quando cresce in ambienti urbanizzati, la situazione tende a essere meno problematica, ma quando questo albero invade aree naturali in cui crescono specie native, i veri guai hanno inizio. L’alberello, infatti, può ridurre notevolmente la biodiversità vegetale, creando comunità dominanti che soffocano la varietà delle piante locali. I progetti avviati per limitarne la diffusione non sempre portano a soluzioni efficaci nel lungo termine.
Con la situazione che si complica, a Roma, in particolare, Ailanthus sembra essere un po’ ovunque. Rimane aperta la questione della ricerca di metodi sostenibili per controllarne la diffusione. Da segnalare è l’approccio adottato negli Stati Uniti, dove ricercatori hanno sperimentato l’uso di un fungo microscopico, il Verticillium nonalfalfae, capace di intaccare l’albero, impedendo così la sua espansione. Anche se i risultati hanno dimostrato un certo successo, la lotta contro l’Ailanthus altissima continuerà ad essere una sfida complessa e impellente.
In questo contesto, deve essere chiaro che la bellezza dell’albero del paradiso non deve mascherare la sua potenziale devastazione per gli ecosistemi locali. La lotta contro l’invasività è una questione seria che richiede attenzione e l’implementazione di strategie più efficaci per preservare la biodiversità della nostra amata capitale e non solo.