Un giovane tunisino di diciannove anni è finito nei guai a Roma dopo aver commesso due rapine in una sola notte. La sua imprudenza, però, è stata fatale: un selfie scattato con il telefono rubato lo ha incastrato, dimostrando come la tecnologia possa essere tanto utile quanto pericolosa in situazioni criminali. Ecco la storia di un arresto che ha dell’incredibile, messo in moto da un semplice scatto fotografico che è diventato un elemento di prova.
Nella magica e a volte insidiosa Capitale, una sera è stata testimone di due rapine avvenute sotto la luce fievole di strade poco illuminate. Il giovane tunisino ha messo a segno i suoi colpi in due luoghi distinti, dimostrando una certa audacia. La prima vittima, sorpreso dall’aggressore, ha dovuto cedere il proprio smartphone, mentre il rapinatore lo ha costretto a sbloccarlo. L’intento era quello di eliminare ogni possibile traccia, come se nulla fosse mai accaduto. Ma la sua operazione si è rivelata molto più complessa di quanto pensasse.
Subito dopo, l’aspirante ladro ha deciso di proseguire con il suo piano e ha offerto un brutto risveglio a un altro passante. “Se fai il bravo non ti succede nulla, dacci soldi e sigarette,” ha sentenziato, minacciando il malcapitato. Le azioni immediate e senza scrupoli hanno scatenato il panico e, ovviamente, entrambe le vittime possono ben immaginare la paura che le ha travolte. Pochi minuti dopo questi eventi, entrambe le malcapitate hanno sporto denuncia ai Carabinieri. La Capitale, in quel momento, non sembrava un luogo sicuro.
Ma gli eventi si sono mossi in direzioni sorprendenti. Il giovane rapinatore ha, infatti, commesso un errore da principianti. Dopo aver perpetrato il furto, ha deciso di scattarsi un selfie con il telefono appena rubato. Qui viene il bello: ignaro delle conseguenze, il ragazzo non aveva considerato che la foto sarebbe stata automaticamente trasferita su un servizio cloud collegato al dispositivo della vittima. Gli investigatori, scavando a fondo nei dati del telefono, hanno in breve tempo trovato questa immagine incriminante.
Questa scoperta ha rappresentato per le forze dell’ordine l’anello di congiunzione tra il ladro e le due rapine. Infatti, l’immagine ha permesso di identificare il giovane, che pensava di poter agire indisturbato. Collocare il volto del rapinatore ad una rapina non è cosa da poco, anzi è tutt’altro che semplice. Così, in breve tempo, grazie a quel selfie che, per lui, doveva essere un gesto innocuo, le indagini della Compagnia di Roma Parioli si sono accelerate notevolmente.
Con la foto come prova e altri elementi raccolti durante l’indagine, la Procura della Repubblica di Roma ha chiesto e ottenuto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ora questo giovane tunisino dovrà affrontare accuse serie, come rapina aggravata. La sua imprudenza e, in un certo senso, superficialità digitale hanno reso la vita degli inquirenti molto più facile, permettendo loro di chiudere rapidamente il caso e restituire un senso di sicurezza ai cittadini. Le conseguenze di un gesto, come quello di scattare un selfie dopo un crimine, fanno riflettere; a volte, le tecnologie da cui ci aspettiamo solo servizi possono trasformarsi in armi a doppio taglio. Così, il ragazzo si prepara a entrare in un percorso legale che lo vedrà impegnato per molto tempo.
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