Il mondo del lavoro è in continua evoluzione, eppure alcuni dei requisiti richiesti nelle offerte possono suscitare controversie. Uno di questi è la “bella presenza”. In un’epoca sempre più digitale, è facile imbattersi in annunci che, anziché focalizzarsi sulle competenze professionali, richiedono l’aspetto fisico. Ma è legale? Quali sono le linee guida che regolano questo aspetto? Scopriamo insieme quali normative governano questa questione e come districarsi in un mercato del lavoro sempre più complesso.
Negli ultimi anni, con l’avvento di internet, cercare lavoro è diventato molto più semplice. Gli annunci si possono consultare comodamente online, tramite smartphone o computer, piuttosto che sfogliare pagine di giornali o sforzarsi di leggere comunicati affissi sulle porte delle agenzie. Ogni annuncio presenta una varietà di dettagli riguardanti il tipo di contratto, le mansioni da svolgere e, spesso, le qualità richieste del candidato. Tuttavia, qualche volta si trovano anche richieste di “bella presenza”, suscitando domande e dibattiti legittimi riguardo alla legalità e, soprattutto, alla moralità di tali requisiti.
Nel contesto attuale, il concetto di bella presenza viene spesso associato all’immagine, fondamentale in molti settori, specialmente in quelli a contatto con il pubblico. Eppure, ci si domanda se sia effettivamente giustificato includere un criterio così ambiguo nelle offerte lavorative. L’aspetto estetico non potrebbe essere considerato discriminatorio, soprattutto in una società che si vanta di promuovere l’uguaglianza. Così, sorgono interrogativi su come interpretare il termine e come applicarlo, se mai sia davvero opportuno farlo in un contesto professionale.
Analizzando con attenzione le fonti normative, emergono regole che disciplinano l’inserimento di criteri come quelli relativi alla bella presenza. In Italia, ad esempio, il Codice delle pari opportunità e il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 offrono un chiaro quadro di riferimento. In particolare, l’articolo 10 è di fondamentale importanza per capire quando è lecito richiedere requisiti fisici per una posizione lavorativa. La legge vieta espressamente di effettuare selezioni sulla base di aspetti personali che non sono pertinenti al luogo di lavoro.
Volgendo lo sguardo ai requisiti richiesti nei contratti di lavoro, non si può fare a meno di notare che, qualora si menzioni la “bella presenza”, è fondamentale che tale richiesta sia strettamente legata alla mansione da svolgere. In taluni casi, per professioni correlate al marketing, alla pubblicità o a eventi affollati, l’aspetto fisico può costituire un elemento chiave e pertanto giustificato. D’altro canto, non è plausibile richiedere la bella presenza per lavori di scrivania o di back office, dove le interazioni esterne sono minime.
Un esempio di annuncio potenzialmente discriminatorio potrebbe suonare così: “Cercasi segretaria per studio legale. Richiesta bella presenza, età massima 30 anni, aspetto curato. Inviare foto insieme al CV.” Questo annuncio suscita non poche problematiche; in primis, il termine “bella presenza” è soggettivo e non specifica quali competenze siano effettivamente fondamentali per il ruolo, ma si focalizza quasi esclusivamente sull’aspetto fisico.
Inoltre, la richiesta di una foto evidenzia ulteriormente la volontà di discriminare sulla base dell’aspetto, piuttosto che valutare competenze pertinenti. Anche l’età massima richiesta limita il bacino di candidature in modo del tutto ingiustificato. Un annuncio più equilibrato e conforme alla legge potrebbe essere così riformulato: “Cercasi segretario/a per studio legale. Richiesta esperienza nella gestione di appuntamenti, capacità organizzative, buone doti relazionali. È preferibile un aspetto curato e professionale” così si sposterebbe l’attenzione dalle caratteristiche fisiche a quelle professionali.
Se un candidato ritiene di essersi imbattuto in un annuncio discriminatorio, ha per fortuna a disposizione diverse modalità di segnalazione. È possibile rivolgersi all’Ispettorato del Lavoro, che avrà il compito di esaminare la situazione e, se ritenuto opportuno, adottare misure sanzionatorie nei confronti dell’agenzia o dell’azienda che ha pubblicato l’offerta. Le multe variano e possono anche risultare piuttosto onerose.
Per evitare di incorrere in problemi legali, è consigliabile per i datori di lavoro prestare particolare attenzione nella scrittura degli annunci. Evitare termini vaghi o su cui si possa discutere, come “bella presenza”, e puntare invece su requisiti chiari e oggettivi minimizza i possibili contenziosi. In questo modo si promuove un ambiente lavorativo più equo e meno soggetto al rischio di discriminazione, con un esito più soddisfacente sia per le aziende sia per i candidati.
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