Il carcere di Marassi, a Genova, torna al centro delle cronache per un tragico evento che ha colpito la comunità e messo in luce le gravi problematiche del sistema penitenziario italiano. A presiedere la scena, l’iscrizione nel registro degli indagati di due agenti di polizia penitenziaria, coinvolti nel suicidio di Amir Dhouiou, un giovane di 21 anni già noto per tentativi di suicidio precedenti e detenuto con l’accusa di furto e resistenza a pubblico ufficiale. La notizia è stata diffusa dal sindacato di polizia penitenziaria Uil, il quale ha espresso preoccupazione per le condizioni di lavoro e sicurezza degli agenti.
Amir Dhouiou, detenuto nel carcere di Marassi, è stato collocato in un centro clinico per evitare il rischio di atti autolesionistici. Nonostante questa precauzione, il giovane è riuscito a togliersi la vita impiccandosi nel bagno, un’area priva di telecamere di sorveglianza. Prima di tale tragedia, il giudice aveva evidenziato potenziali rischi legati al comportamento del detenuto, suggerendo un’attenzione particolare nei suoi confronti. Nonostante le misure adottate, le dinamiche interne al carcere non sono state sufficienti a prevenire un gesto tanto drammatico.
In quella fatidica mattina, Amir aveva mostrato un comportamento alterato, portando il personale medico a rivalutare il suo trattamento farmacologico. Pochi minuti dopo aver assunto la sua terapia, riporta il sindacato, il giovane ha compiuto l’estremo gesto. Questo solleva interrogativi cruciali riguardo l’efficienza del sistema di sorveglianza e il rispetto delle misure di sicurezza previste per i detenuti a rischio.
La dura realtà che circonda la polizia penitenziaria è emersa in modo chiaro attraverso il comunicato del sindacato Uil. Fabio Pagani, segretario Uilpa, ha denunciato la solitudine dei poliziotti penitenziari che si trovano a dover fronteggiare responsabilità pesanti e, spesso, di natura legale, senza il necessario supporto. Sottolinea la gravità della situazione, dove la crescente pressione dovuta a un numero ristretto di agenti rispetto a un aumento dei detenuti crea tensioni e mette in pericolo sia il personale che i detenuti stessi.
Secondo i dati forniti, il carcere di Marassi ha già registrato quattro suicidi dall’inizio del 2024 e conta un numero di detenuti ben al di sopra della sua capacità, con un incremento di 14mila unità. La polizia penitenziaria, che opera in condizioni di stress estremo, conta solo 18mila membri, contribuendo a una realtà di omicidi, risse e disordini che mettono a dura prova il sistema penitenziario. Pagani pone l’accento su come questa situazione non solo comprometta la sicurezza all’interno delle carceri ma minacci anche il benessere psicofisico degli agenti stessi.
Questo incidente tragico è emblematico di una crisi più ampia che affligge il sistema penitenziario in Italia. Il sovraffollamento delle carceri, la mancanza di risorse adeguate e la formazione insufficiente del personale sono problemi endemici che rendono sempre più difficile garantire un ambiente sicuro sia per i detenuti che per gli agenti. L’episodio di Amir Dhouiou solleva interrogativi fondamentali non solo sulla sorveglianza all’interno delle strutture carcerarie, ma anche sull’efficacia del trattamento e del supporto per i detenuti con problematiche psicologiche.
L’attenzione ora torna a concentrarsi sulle politiche carcerarie e sulla necessità di riforme strutturali che possano affrontare i problemi sistemici. L’attuale situazione richiede un’analisi approfondita per valutare come migliorare non solo il trattamento dei detenuti, ma anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario, assicurando che eventi così tragici non si ripetano in futuro. La questione rimane aperta, con le indagini che continueranno a cercare di chiarire le responsabilità legate a questo evento devastante.
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