La recente caduta di Damasco nelle mani dei ribelli ha scatenato una corsa frenetica alla ricerca di alte personalità del regime deposto, creando un clima di paura e incertezza in una delle città più segnate dalla guerra. Le operazioni, condotte con molta determinazione dai militanti, mirano a risalire il filo che unisce i rappresentanti dell’ormai ex governo e a ottenere informazioni utili su chi, per anni, ha governato con il pugno di ferro. Autorevoli esponenti di Roma, come il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, forniscono aggiornamenti sulla situazione, evidenziando la complessità del quadro politico e la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini italiani.
L’assalto ai vertici del regime
Nelle prime ore dopo la caduta di Damasco, Muhammad al-Jalali, il premier deposto, ha subito un’irruzione nella sua residenza da parte di miliziani. Questa azione ha segnato l’inizio di una serie di operazioni che hanno visto i ribelli prendere di mira vari obiettivi, tra cui la sede centrale degli archivi dei servizi segreti. Qui, in un’atmosfera che ricordava le ingerenze sovietiche, i militanti hanno cercato documentazione dettagliata su migliaia di cittadini, sicuri che recuperare tali informazioni sarebbe stato fondamentale per individuare i responsabili delle oppressioni subite nel corso degli anni.
Non contenti, i ribelli si sono poi diretti verso le ambasciate con l’intento di rintracciare funzionari del regime che cercavano rifugio. Dopo l’ambasciata irachena, è stata la volta di quella iraniana, a cui è seguita anche l’ambasciata italiana. Questi eventi hanno creato un clima di allerta e preoccupazione per la sicurezza dei diplomati e dei loro collaboratori.
L’incursione nell’ambasciata italiana
Quando i miliziani hanno fatto incursione nel giardino della residenza dell’ambasciatore italiano, l’attenzione mediatica si è intensificata. Antonio Tajani ha confermato quegli attimi di tensione, affermando che, sebbene alla fine non ci siano stati scontri né violenze, la situazione ha destato gravi preoccupazioni. Gli aggressori, non contenti di occupare brevemente il giardino, hanno portato via tre auto e sono stati in grado di ispezionare l’area per cercare eventuali militari lealisti o documenti di interesse, segnale che i ribelli sono ben consapevoli dell’importanza strategica di tali informazioni.
Nel frattempo, è emerso che parallelamente a queste operazioni, i miliziani hanno condotto controlli simili negli uffici di alcune ong presenti nel paese, da cui cercavano informazioni su dirigenti del regime eventualmente in fuga. I ribelli, in cerca di risposte, mostrano che la situazione sta rapidamente evolvendo in un contesto altamente instabile.
La risposta delle autorità italiane
In questo scenario di crescente incertezza, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha considerato l’ipotesi di un’eventuale evacuazione del personale italiano dalla Siria, semplicemente per tutelare la loro sicurezza qualora la situazione dovesse precipitare ulteriormente. Tuttavia, le notizie successivamente arrivate da Tajani hanno indicato che quindici cittadini italiani sono riusciti a mettersi in salvo, attraversando il confine e trovando rifugio in conventi a Beirut, mentre al momento non si registrano ulteriori richieste di evacuazione.
La Farnesina ha sottolineato la necessità per gli italiani ancora presenti di rimanere al sicuro nelle proprie abitazioni. Una comunicazione diretta da Tajani ha fornito ulteriori informazioni sulla situazione nella zona di Aleppo, chiarendo che, almeno per ora, la stabilità è stata preservata. Inoltre, il governo italiano sta collaborando con le autorità turche per garantire non solo la sicurezza dei cittadini italiani, ma anche la protezione delle minoranze, in particolare dei cristiani, in un contesto così fragile come quello siriano.