Nella complessa e tumultuosa realtà siriana, il recente rovesciamento del regime di Bashar al-Assad apre a scenari incerti e molteplici sul futuro del Paese. Lorenzo Trombetta, analista di Limes e corrispondente dal Medio Oriente per Ansa, analizza le dinamiche attuali e le sfide che iniziano a delinearsi in seguito a questo cambiamento radicale. L’attenzione si concentra ora sulle forze in campo e sulle possibili strade da seguire, mentre la comunità internazionale osserva con interesse e preoccupazione.
Gli equilibri geopolitici: chi vince e chi perde?
Con la caduta di Assad e la sua fuga verso Mosca, il quadro geopolitico della Siria subisce una notevole trasformazione. Trombetta sottolinea che i principali beneficiari di questo cambiamento sono le potenze occidentali, in particolare la Turchia, che emerge come leader in grado di influenzare i destini della Siria. Gli Stati Uniti e Israele guadagnano un vantaggio indiretto nel contesto di una mappa geopolitica ridisegnata. Al contempo, Iran, un tempo attore chiave nella regione, si trova in difficoltà e perde terreno, specialmente dopo le recenti sconfitte in Libano.
La Russia, dal canto suo, tenta di mantenere una propria influenza, cercando di negoziare il mantenimento di basi strategiche nel Mediterraneo, fondamentali per il controllo della regione. Il porto di Tarsus e le strutture vicino a Latakia diventano asset cruciali nel contesto di una politica estera russa in costante evoluzione. È evidente come, nonostante le vittorie, la situazione resti volatili e gli equilibri ancora fragili.
La complessità della transizione interna: diritti e conflitti
Con le Nazioni Unite che spingono verso un processo di transizione ordinato, le aspettative sono alte ma le realtà sul terreno raccontano una storia diversa. La Siria continua a essere suddivisa in zone di influenza, ognuna con le proprie dinamiche politico-militari. La presenza delle truppe turche e statunitensi complica ulteriormente la situazione, rendendo difficile la realizzazione di un governo unificato e inclusivo.
Trombetta evidenzia come il Paese risulti frammentato, con la possibilità che si instaurino rappresentanti locali in un contesto fittizio di unità, simile a quanto accaduto in Libano. L’idea di fare affidamento su figure legate ai signori della guerra, che si riciclano in nuovi rappresentanti, si fa sempre più concreta, portando a una spartizione del potere basata su motivi etnici e confessionali.
La paura di un potenziale scenario simile a quello della Libia aleggia tra gli osservatori, evidenziando l’urgente bisogno di una strategia che porti a stabilire una governance efficace e condivisa. La resistenza delle diverse fazioni militari e la mancanza di un’autorità centrale rendono difficile qualsiasi tentativo di pacificazione e ricostruzione.
I gruppi radicali e le forze in campo
In un contesto così complesso, l’analisi dei gruppi in campo risulta essenziale. Trombetta evidenzia come, nonostante le forze filoccidentali stiano guadagnando terreno, molti gruppi presenti nel Paese mantengano una matrice jihadista. Questi gruppi, pur cercando di legittimarsi agli occhi dell’Occidente, continuano ad avere una forte influenza e un dialogo attivo con attori come gli Stati Uniti e Israele.
Questi ultimi, da parte loro, sono particolarmente attenti a mantenere la propria strategia di contenimento nei confronti dell’Iran, creando alleanze strategiche con gruppi che si avvicinano a tale visione. L’adozione di politiche di contrasto alla produzione di anfetamine, un problema acuto nella regione, viene vista come un’opportunità per costruire relazioni di fiducia con gli alleati europei, in particolare Francia e Italia, per quanto riguarda la protezione delle minoranze non sunnite.
In questo panorama, Abu Muhammad Jolani emerge come una delle figure più influenti e forti, supportato da una rete di alleanze e ramificazioni che gli conferiscono potere. Altri gruppi, in particolare quelli provenienti dalla regione di Daraa, sembrano orientati verso una lotta per l’autonomia locale piuttosto che per la leadership nazionale. I curdi, infine, si trovano attualmente esclusi dalle negoziazioni, complicando ulteriormente la già drammatica situazione siriana.
La situazione in Siria si presenta complessa e frammentata. Le dinamiche interne, le pressioni esterne e le variabili geopolitiche renderanno questo processo di transizione lungo e difficile, costringendo tutti gli attori coinvolti a prendere decisioni strategiche per il futuro del Paese e della regione.