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Linux: il codice EFI Zboot passa da CLM a Gzip e Zstd nel kernel 6.0 a Torino, con sviluppatore Andrea Rossi

L’universo di Linux continua a muoversi, mostrando la sua capacità di adattarsi e semplificare le proprie funzionalità. Di recente, la comunità di sviluppatori ha avanzato una proposta significativa che prevede l’abbandono della Compression Library Museum nel codice EFI Zboot. Questa modifica mira a limitare i formati di compressione alle sole opzioni di Gzip e Zstd, con l’obiettivo di snellire il processo e aumentare l’efficienza nella gestione delle immagini del kernel.

L’abbandono della Compression Library Museum

È ufficiale: il codice EFI Zboot di Linux non utilizzerà più i formati di compressione storici come LZ4, LZMA, LZO e XZ. Questa decisione, frutto di una recente richiesta di integrazione, segna un passo importante verso una maggiore efficienza e semplicità. Secondo gli sviluppatori coinvolti, mantenere un numero elevato di librerie di decompressione ha solo complicato le cose, non apportando un reale valore pratico. In passato, il sistema supportava ben sette diversi metodi di compressione, ma l’esigenza di rendere il codice meno ingombrante ha portato a questa revisione.

Il focus sul Gzip e Zstd si inserisce in un contesto dove la praticità e la velocità sono fondamentali. Mentre Gzip ha una lunghissima storia di prova e utilizzo, Zstd emerge come una valida alternativa grazie al suo rapporto di compressione elevato e alla rapidità nel decomprimere. Questa scelta strategica non è casuale, ma nasce dalla necessità di semplificare l’integrazione e l’utilizzo del codice da parte di altre applicazioni come QEMU.

Vantaggi del Gzip e Zstd

Gzip si è sempre dimostrato un pilastro nell’ambito della compressione, noto per la sua velocità in fase di decompressione. Nonostante non eccella in termini di rapporto di compressione, il suo utilizzo consolidato nella distribuzione dei kernel EFI Zboot per architetture arm64 da parte di Fedora lo rende una scelta efficace. Inoltre, la compatibilità con QEMU, che supporta direttamente Gzip per l’avvio di kernel privi di firmware caricato, testimonia la solidità di questa decisione.

Zstd, d’altra parte, ha guadagnato popolarità nei recenti sviluppi grazie alle sue qualità competitive. Anche se il suo rapporto di compressione non è il più elevato disponibile, le sue prestazioni si avvicinano a quelle di Gzip nel processo di decompressione, rendendolo una scelta attraente per applicazioni moderne. L’integrazione di Zstd rappresenta un passo verso l’adozione di tecnologie più recenti all’interno della comunità Linux, ed è destinata a facilitare l’interoperabilità con applicazioni future.

Implicazioni per lo sviluppo e l’integrazione futura

La decisione di ridurre i formati di compressione supportati all’interno del codice EFI Zboot non è solo un cambiamento tecnico, ma rappresenta un miglioramento significativo nella gestione delle risorse. Meno opzioni significherà una diminuzione del carico per i consumatori di questo formato, come QEMU e in prospettiva kexec, facilitando un supporto più fluido e meno frammentato.

Questa modifica si allinea con l’approccio generale della comunità Linux, che da sempre cerca di semplificare e rendere più efficienti i propri processi. La sfida rimane quella di fornire prestazioni elevate senza compromettere la compatibilità e l’accessibilità, rendendo sempre più importante la scelta di tecnologie che rispondano a queste esigenze. Con Gzip e Zstd ora al centro della scena, il futuro del codice EFI Zboot sembra promettente, puntando a un equilibrio ottimale tra velocità e capacità di compressione.

Martina Georgi

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