Don Mazzi: “Diventai prete durante un’alluvione a Milano. Rigetto l’ergastolo per Turetta”

Don Antonio Mazzi, fondatore della comunità Exodus, è un pioniere nella lotta contro la tossicodipendenza in Italia, promuovendo inclusione sociale e giustizia attraverso l’educazione e il supporto ai giovani.
Don Mazzi: "Diventai prete durante un'alluvione a Milano. Rigetto l'ergastolo per Turetta" - (Credit: www.repubblica.it)

Don Antonio Mazzi rappresenta una figura fondamentale nella lotta contro la tossicodipendenza in Italia. Nel cuore di Milano, le sue iniziative hanno segnato un cambiamento significativo nella vita di innumerevoli giovani, contribuendo a dare voce ai più fragili. La sua storia si intreccia con quella del Parco Lambro, un luogo che non solo ha visto passare le ombre del passato legate all’eroina, ma è diventato anche simbolo di rinascita e speranza. Con un’avviata fondazione come Exodus e un traguardo di 95 anni di vita, Mazzi continua a rivestire un ruolo di primo piano nel dibattito su droghe, giustizia e inclusione sociale.

Parco Lambro: un luogo di riscatto

Il Parco Lambro è stato per anni un terreno di battaglia contro la dipendenza da eroina. Negli anni ’80, la visione del parco era offuscata da gravi problemi sociali, con immagini sconcertanti che parlavano di siringhe abbandonate e vite spezzate. Oggi, quel paesaggio è molto cambiato. Tra gli alberi e i prati, sono sbocciati fiori di speranza, simboli di un più ampio movimento di recupero sociale. La fondazione Exodus, creata da Don Mazzi, è diventata una vera e propria rete di supporto per chi cerca di allontanarsi dalla strada e riprendersi la propria vita. Questa comunità si è ampliata nel corso degli anni, con quasi quaranta sedi operative sparse in tutta Italia, pronte a fornire aiuto e sostegno ai giovani in difficoltà.

La voce di Don Antonio Mazzi

La storia di Don Mazzi è profondamente radicata nel suo passato. Cresciuto in una famiglia povera e segnato dalla perdita del padre, ha trovato nella fede la sua vera chiamata. Attraverso il seminario, la sua destinazione è diventata quella di diventare una figura paterna per coloro che avevano perso la speranza. Le sue parole rivelano una profonda empatia: “Dovevo diventare il padre di chi non ha più un padre.” Questa vocazione lo ha portato a creare un sistema di aiuto che si distingue da tante altre iniziative, poiché è sempre stato aperto a esperienze dirette. La sua filosofia si basa sull’idea di avventura e comunità, un approccio che ha saputo attrarre molti giovani verso un percorso di recupero.

Un rapporto complesso con la Chiesa

La Chiesa ha sempre avuto un ruolo ambivalente nell’opera di Don Mazzi. Sebbene molti possano aspettarsi un forte supporto istituzionale da parte della Chiesa, Mazzi ha scelto di lavorare a stretto contatto con i volontari, lontano dalle strutture ecclesiastiche tradizionali. La sua critica all’istituzione ecclesiastica è netta: “Sono rimaste le mura ma dov’è lo spirito?” Questa visione non lo ha ostacolato nel ricevere aiuti da figure come il cardinale Carlo Maria Martini, che ha rappresentato un’eccezione in un panorama dove, secondo Mazzi, spesso manca un reale contatto con la comunità.

Le sfide e le speranze per le nuove generazioni

Oggi, l’impatto della società contemporanea sui giovani è un tema di forte preoccupazione. Secondo Mazzi, il problema non si limita alla droga, ma si estende a un senso di vuoto e mancanza di futuro. I giovani di oggi, a suo avviso, sono privi di stimoli e obiettivi, in un contesto che non li incoraggia a sognare e perseguire ideali. Questo scenario rappresenta una sfida importante, non solo per le comunità come Exodus ma per l’intera società. Le esperienze di vita di chi ha vissuto il ’68 e le esperienze di chi ha cercato di rifarsi dopo un passato difficile hanno contribuito a formare il pensiero di Mazzi su come recuperare e reintegrare queste persone.

Riflessioni su giustizia e lotta contro la pena capitale

Il pensiero di Mazzi sulla giustizia in Italia è provocatorio. La sua opposizione all’ergastolo dimostra una visione umanitaria che richiede la normalità come risposta alle devianze. Crede fermamente che il carcere non possa essere l’unica soluzione e propone un’alternativa che metta al centro la rinascita e l’integrazione, piuttosto che l’isolamento. La sua idea di far vivere la normalità a chi ha commesso errori è un messaggio di grande portata, in un contesto dove il perdono e la possibilità di rinascita sembrano spesso dimenticati.

L’educazione come chiave per il cambiamento sociale

Per Don Mazzi, il sistema dell’istruzione richiede un profondo rinnovamento. La scuola, nella sua visione, deve adattarsi alle esigenze individuali degli studenti, piuttosto che imporre un modello uniforme a tutti. Crede che l’attuale struttura scolastica sia obsoleta e necessiti di una rivoluzione radicale per riconnettersi con le storie e i sogni delle nuove generazioni. Questa riflessione mette in luce l’importanza dell’educazione come strumento di emancipazione e cambiamento sociale.

Confronti con la politica contemporanea

Le riflessioni di Mazzi si estendono anche all’attuale panorama politico italiano. Le sue dichiarazioni sui leader attuali della destra dimostrano un’interrogazione profonda su come la politica possa influenzare il tessuto sociale. Sia nei confronti di leader come Giorgia Meloni sia sul passato di Silvio Berlusconi, Mazzi analizza le relazioni tra politica, giustizia e necessità di un’impostazione più umanitaria nelle decisioni del governo. La sua posizione contrasta con l’idea di una politica distante e poco interessata ai reali problemi della società.

Senza dubbio, Don Antonio Mazzi continua a essere un punto di riferimento per chi lotta per un mondo più giusto e accogliente. Con una vita dedicata ad aiutare gli altri e una visione chiara e incisiva della società, il suo messaggio trascende il semplice aiuto e si fa portatore di speranza e cambiamento.