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Donna non è «capa»: Accademia Crusca sconsiglia termine «scherzoso»

Il dibattito sull’uso del termine “capa” ha suscitato l’attenzione dei linguisti e degli appassionati della lingua italiana. Questo sostantivo femminile, prevalente nella comunicazione colloquiale, solleva interrogativi quando si tratta di contesti ufficiali. L’Accademia della Crusca interviene per chiarire il suo utilizzo, in risposta a diverse domande da parte di lettori e lettrici, sottolineando le differenze tra informale e formale.

Il significato di “capa” e il suo utilizzo colloquiale

Il termine “capa” è comunemente usato nel linguaggio informale per designare una figura autoritaria femminile, proprio come si usa “capo” per gli uomini. Nella comunicazione quotidiana, molte persone si riferiscono a capi di varia natura utilizzando “capa”, creando un aspetto più amichevole e colloquiale. Tuttavia, al di là di questo uso diffuso, l’Accademia della Crusca avverte che “capa” porta con sé una connotazione scherzosa e confidenziale che non è sempre adatta ai contesti ufficiali.

In molti casi, l’uso di “capa” può essere accompagnato da un’inflessione ironica, soprattutto quando si parla di donne in ruoli di grande prestigio, il che può risultare problematico. La storica della lingua italiana Raffaella Setti, che ha fornito chiarimenti sull’argomento, pone l’accento su come l’origine e l’evoluzione del termine rimangano legate a un contesto meno formale, il quale potrebbe sminuire la gravità del ruolo femminile.

Pertanto, anche se il termine è accettabile in conversazioni più informali, resta importante avere un occhio attento all’ambiente linguistico in cui viene utilizzato. Se da un lato l’arguzia e la familiarità sono elementi radicati nel linguaggio quotidiano, dall’altro lato, la questione di come le parole possano influenzare la percezione del potere femminile è cruciale.

L’importanza del contesto formale

L’Accademia della Crusca suggerisce di mantenere chiarezza e professionalità in ambito formale, raccomandando di usare il termine “capo” nelle sue forme declinate. I suggerimenti includono forme quali “la presidente”, “la direttrice” e “l’amministratrice” quando si fa riferimento a donne che ricoprono cariche significative. Utilizzare il linguaggio appropriato non solo rispetta le norme grammaticali, ma aiuta anche a rappresentare adeguatamente le figure femminili in posizioni di autorità.

Nel mondo del giornalismo, dove le parole hanno un peso specifico nel comunicare l’importanza e la professionalità di una figura, l’Accademia invita redattori e scrittori a preferire titoli formali piuttosto che slang colloquiali. Focalizzarsi su un linguaggio preciso e istituzionale evita fraintendimenti e offre un’immagine più seria e rispettabile delle professioniste nel panorama lavorativo.

Un esempio utile potrebbe essere prendere in considerazione titoli di rilevanza per donne che detengono cariche chiave nel governo o nel settore pubblico. È opportuno riferirsi a loro con i titoli esatti delle loro posizioni, come “direttore generale” piuttosto che usare un termine come “capa”, che potrebbe ridurre il suo ruolo a un contesto goliardico.

La riflessione di Raffaella Setti e gli esempi pratici

Raffaella Setti, esperta di linguistica e parte dell’Accademia della Crusca, ha avuto l’arduo compito di sintetizzare le tensioni esistenti tra linguaggio colloquiale e linguaggio formale. La sua analisi esplora le radici storiche del termine e la sua evoluzione nel tempo. È interessante notare come il linguaggio rispecchi le dinamiche sociali e culturali. Durante gli anni, l’uso di “capa” è cresciuto in una varietà di contesti, dalla musica popolare ai social media, dimostrando come il linguaggio informale possa penetrare anche nei settori più tradizionali.

A seguito di segnalazioni da parte di lettori, l’accademica ha fornito esempi concreti di come il termine venga impiegato nei quotidiani. La risposta a un lettore su un articolo che utilizzava “capa” evidenzia come il linguaggio giornalistico dovrebbe privilegiare la terminologia formale, al fine di non cadere nel rischio di deridere posti di grande responsabilità. Usare alternative specifiche come “Elisabetta Belloni è la nuova direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza” è sempre preferibile e più corretto.

Giulia Martini

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