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Economia circolare, Polimi: “La strada è ancora lunga per le imprese italiane” – Milano, Prof. Rossi critico sulle prospettive future

Negli ultimi anni, la transizione verso l’economia circolare rappresenta una delle principali sfide per le imprese italiane. La recente pubblicazione del Circular Economy Report 2024, elaborato dalla School of Management del Politecnico di Milano, evidenzia una situazione ambivalente: sebbene ci siano stati progressi nel campo delle pratiche green, i risultati sono tutt’altro che soddisfacenti. Con un risparmio di soli 800 milioni di euro nell’ultimo anno, rispetto agli 1.200 milioni del precedente, la strada per una piena adozione delle politiche circolari appare ancora lunga. Il report esamina un campione di oltre 550 aziende italiane, distribuite tra otto settori, rivelando luci e ombre su questo percorso di sostenibilità.

I dati del Circular Economy Report 2024

Il Circular Economy Report 2024 offre una panoramica interessante sulla situazione delle imprese italiane nel campo dell’economia circolare. Con un valore medio di adozione di 2,24 su una scala da 1 a 5, solo una ristretta percentuale di aziende, circa il 3%, si attribuisce il massimo punteggio. Le aree più attive nel implementare pratiche circolari sono quelle delle grandi aziende, dove il 46% ha già avviato iniziative in questa direzione. Al contrario, le piccole e medie imprese mostrano un atteggiamento più scettico: il 39% non prevede di adottare pratiche circolari e solo il 37% si considera attivo nel settore. Questo divario è allarmante, poiché le PMI rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana. Inoltre, quasi il 50% degli investimenti in economia circolare rimane sotto i 50.000 euro, suggerendo una mancanza di risorse dedicate a cambiamenti più approfonditi nei processi produttivi.

Le regioni del Nord Italia, in particolare la Lombardia, si dimostrano più recettive verso l’economia circolare, ospitando il 31% delle imprese circolari. Tuttavia, nonostante la presenza più marcata di iniziative nel Nord, il divario tra le regioni continua a essere significativo, evidenziando le disparità territoriali nel percorso verso la sostenibilità.

Gli investimenti e il loro impatto

Il Circular Economy Report mette in luce anche il panorama degli investimenti: i green bond emessi dalle banche italiane hanno raggiunto quasi 8 miliardi di euro, segnando un incremento del 74% rispetto all’anno precedente. Questo cambio di tendenza rivela una crescente disponibilità del sistema finanziario nel supportare progetti legati alla sostenibilità. Anche la consulenza in ambito sostenibilità segna un aumento del 25%, rafforzando l’idea che il mercato sta lentamente evolvendo verso modelli più sostenibili. Tuttavia, gli investimenti rimangono concentrati nelle aziende più grandi, lasciando molte PMI senza il supporto necessario per affrontare il cambiamento.

Le difficoltà maggiori emergono quando si tratta di riorganizzare i processi industriali e le filiere, un passo necessario per andare oltre la semplice valorizzazione degli scarti. Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy, evidenzia come “il passaggio da pratiche relativamente facili a interventi più complessi richieda una volontà e una preparazione che ancora mancano in molte aziende italiane.”

L’evoluzione della cultura sostenibile

Nonostante i numerosi ostacoli, ci sono storie di successo che dimostrano che è possibile implementare modelli di business circolari. Sono state identificate circa 100 aziende che operano con pratiche sostenibili, per lo più nel manifatturiero, automotive, tessile e abbigliamento, concentrate principalmente in Lombardia, Piemonte e Toscana. Anche se molte di queste aziende sono di piccole dimensioni, alcune superano i 250 dipendenti con fatturati che variano tra 100 milioni e un miliardo di euro. Il forte impegno di queste aziende è cruciale per stabilire un precedente positivo, che incoraggi altre imprese a seguire l’esempio.

Tuttavia, il rapporto mette in evidenza che le PMI, che costituiscono il cuore dell’industria italiana, non raggiungono nemmeno il 22% nell’adozione di pratiche circolari. Questo diventa un segnale chiaro della necessità di politiche di supporto e iniziative pratiche che stimolino un cambiamento culturale e operativo nelle piccole imprese.

Sfide e opportunità future

Un aspetto critico nell’avanzamento dell’economia circolare in Italia è la dispersione degli attori coinvolti e l’assenza di standard consolidati. La frammentazione limita l’accesso delle aziende a servizi di supporto coerenti, ostacolando l’implementazione delle strategie circolari. Chiaroni evidenzia come questo problema rappresenti una sfida importante: “senza un’integrazione efficace tra diversi attori, le aziende potrebbero avere difficoltà nell’accedere a risorse e conoscenze fondamentali per il loro percorso di transizione.”

Il panorama della consulenza e degli enti certificatori appare come un’opportunità e una falla allo stesso tempo. Mentre nel Nord Italia si registra una buona presenza di studi legali e enti certificatori, nel Sud questa situazione è piuttosto critica con una quasi totale assenza di tali servizi. Stabilire connessioni tra le imprese e tali attori sarebbe fondamentale per garantire un supporto adeguato, capace di promuovere l’economia circolare su tutto il territorio nazionale.

Il rapporto del Politecnico di Milano non solo offre un quadro sulla situazione attuale, ma indica anche la necessità di un impegno collettivo per affrontare le sfide che ci attendono nel futuro prossimo, dove l’economia circolare potrebbe rivelarsi non solo una necessità, ma anche un’opportunità di sviluppo sostenibile per il paese.

Martina Georgi

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