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L’ex pm e i morti sul lavoro: “Italia assuefatta da anni. La giustizia non fa paura a Milano”

Nei primi dieci mesi del 2024, l’Italia ha registrato un tragico bilancio di 890 morti sul lavoro, secondo i dati forniti dall’INAIL. Questo numero allarmante mette in luce la gravità di una situazione che sembra perpetuarsi, evidenziando l’incidenza quotidiana di incidenti mortali sul posto di lavoro. In un contesto in cui la sicurezza è spesso messa in secondo piano, queste statistiche fanno emergere una società che appare sempre più assuefatta a questa terribile realtà. Anche la recente esplosione del deposito Eni di Calenzano, con le sue cinque vittime, è un triste esempio della vulnerabilità dei lavoratori. In questo scenario, è fondamentale analizzare le radici del problema, la risposta delle istituzioni e le attese per una giustizia che appare distaccata.

Il dato sconvolgente delle vittime sul lavoro

Il numero di 890 morti sul lavoro nei primi dieci mesi del 2024 è una cifra che fa riflettere profondamente e genera indignazione. Questo stillicidio quotidiano non può e non deve passare sotto silenzio nella coscienza collettiva. Ogni vita persa è una tragedia che coinvolge non solo i familiari delle vittime, ma anche l’intera comunità. Nonostante le normative in vigore, la sensazione è che ci sia un’evidente difficoltà nel garantire un ambiente lavorativo sicuro per tutti. Le statistiche di questo anno mettono in evidenza non solo l’evidente fallimento nel prevenire gli infortuni, ma anche l’assenza di un dibattito serio e urgente su come affrontare questa problematica.

Le politiche di sicurezza sul lavoro si sono affievolite nel corso del tempo, dando modo a un clima di sottovalutazione, dove le misure preventive sembrano obbligatorie ma non implementate. È un fenomeno che si radica non solo nella cultura operativa delle aziende, ma anche nella mentalità generale della società, oramai rassegnata a una realtà tragica e difficile da modificare. Di fronte a queste perdite, è necessario che ci sia una riflessione profonda su come l’ignoranza e l’indifferenza contribuiscano a mantenere questa endemia.

L’intervista a Raffaele Guariniello: un focus sulla sicurezza

Raffaele Guariniello, figura di spicco nel campo della giurisprudenza e nota per il suo impegno nella sicurezza sul lavoro, espone un punto di vista allarmante sulla situazione attuale. Secondo Guariniello, sembra che la società si sia rimessa in un’epoca passata, simile agli anni ’70. In questo periodo, dopo un’epoca di grandi conquiste in termini di diritti lavorativi e sicurezza, si registra ora un preoccupante processo di rilassamento delle normative esistenti. Il magistrato sottolinea come il tema della sicurezza sia diventato una questione di secondaria importanza, arrivando a considerare gli infortuni non come una calamità da prevenire, ma come qualcosa di ineluttabile e accettabile.

Guariniello afferma l’esigenza di un cambio di mentalità, richiamando l’attenzione alla necessità di azioni tempestive e preventive. Egli lamenta la lentezza della giustizia penale, evidenziando che, spesso, i processi legati agli infortuni sul lavoro non vengono avviati, creando così un clima di impunità per le aziende. La sua posizione pone l’accento sull’urgenza di trattare la questione della sicurezza sul lavoro in modo più serio e focalizzato, evidenziando che le pene e le leggi esistenti sono inutili se non vengono applicate.

Il quadro della giustizia in Italia

Riguardo al tema della giustizia, Guariniello esprime preoccupazioni chiare. A suo avviso, un grave difetto del sistema legale italiano è la lentezza con cui vengono trattate le pratiche legate agli infortuni sul lavoro. Molti casi languono in attesa di giustizia, mentre il tempo scorre e le possibilità di punizioni severe svaniscono. Alcuni pubblici ministeri sono sopraffatti e le priorità sembrano sempre inclinarci verso reati di maggior rilievo, lasciando sullo sfondo le vittime di incidenti fatali sul lavoro.

L’inefficienza del sistema si traduce in un sentimento di impotenza tra le vittime e i loro familiari, che spesso neppure vedono riconosciuti i propri diritti. È opportuno riflettere sulla proposta di creare una procura specializzata nella sicurezza nazionale, in grado di concentrare le risorse e competenze per affrontare in modo sistematico e strutturato il tema della sicurezza sul lavoro. Senza un cambiamento radicale, e la predisposizione a riconoscere le problematiche esistenti, la spirale di incidenti mortali rischia di perpetuarsi.

La realtà dei subappalti e il futuro della sicurezza

Negli ultimi anni, l’attenzione si è concentrata anche sul tema degli appalti e subappalti, che hanno complicato ulteriormente la già difficile questione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa struttura, spesso caratterizzata da un’organizzazione fragile e da un scarso rispetto delle normative di sicurezza, alimenta il problema degli infortuni sul posto di lavoro. I committenti hanno obblighi severi, ma frequentemente vi è una tentazione di non rispettarli, aprendo la strada a situazioni di grave rischio.

La mancanza di una visione globale da parte delle autorità e delle procure è un altro aspetto cruciale. Gli incidenti che avvengono in un luogo possono avere ripercussioni su altre aree del paese, ma il focus rimane troppo ristretto e limitato. L’ottica di prevenire situazioni avverse non è sufficientemente coltivata, portando a una miopia che ostacola il recupero degli errori. Guariniello suggerisce che esiste la necessità di ampliare la visione e creare collegamenti tra diverse situazioni di rischio, considerato che la sicurezza non può essere vista come un problema isolato e locale.

Lancio per un futuro migliore, più sicuro e più giusto è quanto mai necessario. Il percorso per raggiungere questo obiettivo non sarà semplice, ma è essenziale cominciare a costruire un cambiamento reale nella cultura della sicurezza e responsabilità sociale, se si vogliono evitare ulteriori tragedie in futuro.

Martina Georgi

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Martina Georgi

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