L’idrogeno bianco emerge come non solo una promettente fonte di energia sostenibile, ma anche come un potenziale ingrediente essenziale per comprendere l’origine della vita sulla Terra. I ricercatori del Deep Carbon Lab dell’Università di Bologna stanno indagando le rocce in diverse parti del mondo per scoprire il legame cruciale tra questo gas e i primi organismi viventi del pianeta. Le ricerche forniscono una visione affascinante su come questi processi geologici possano aver influenzato non solo la vita terrestre, ma anche il futuro della transizione energetica.
La vita sulla Terra si trova in ambienti che vanno oltre la semplice superficie: i microrganismi sono stati scoperti a conflitti di profondità mai immaginati, addirittura oltre i 10 km sotto terra. Questo fatto sorprendente solleva interrogativi su come e dove possano prosperare tali forme di vita. La loro sopravvivenza nelle profondità della crosta terrestre è collegata a fonti di energia come l’idrogeno bianco e il metano, entrambi prodotti attraverso processi geologici. Questi gas rappresentano gli oggetti di studio del Deep Carbon Lab, che è nato dal progetto DeepSeep sostenuto dall’ European Research Council .
Guidato dal professor Alberto Vitale Brovarone, il team della ricerca ha compiuto spedizioni in varie località del mondo per raccogliere campioni di rocce contenenti queste sostanze vitali. Le rocce analizzate, specificamente quelle che ospitano idrogeno naturale e metano di origine geologica, forniscono indizi sul ruolo che questi gas possono aver giocato nell’origine della vita sulla Terra. Le missioni di ricerca non solo offrono una chiarezza su aspetti biologici, ma aprono anche nuove prospettive per l’uso di queste risorse nella transizione verso forme di energia più pulite.
L’idrogeno naturale, o H2, si forma attraverso un processo noto come serpentinizzazione, che coinvolge il cambiamento chimico delle rocce del mantello terrestre. Le peridotiti, ricche di olivina, si trasformano in serpentiniti quando a temperature elevate e in presenza di acqua, l’ossidazione del ferro all’interno dell’olivina porta alla formazione di idrogeno libero. Se del carbonio è presente, l’idrogeno può legarsi a esso formando metano .
Ma dove avviene questa reazione? Si svolge principalmente nelle zone di subduzione, in cui una placca litosferica scende sotto un’altra, contribuendo alla formazione di fossi oceanici. Inoltre, si verifica anche presso le dorsali oceaniche, dove il mantello superiore affiora in superficie. Recentemente, i ricercatori hanno prelevato un cilindro di roccia lungo 1268 metri dalla dorsale medio-atlantica, una delle colonne più profonde mai ottenute, evidenziando le tracce di serpentinizzazione e aprendo nuove strade per approfondire la nostra comprensione di questi processi geologici. La difficoltà nell’accesso al mantello terrestre, a causa delle temperature estreme e delle pressioni elevatissime, rende queste scoperte ancora più significative.
Con lo scopo di cogliere le dinamiche della formazione di idrogeno e metano di origine geologica, il team del Deep Carbon Lab ha effettuato esplorazioni in diverse regioni del mondo, tra cui Mongolia, Stati Uniti, Corsica e Groenlandia. Le loro ricerche si concentrano sulla raccolta di campioni di rocce antiche del mantello che si trovano lungo le catene montuose. Una volta in laboratorio, queste rocce vengono datate e analizzate al microscopio per identificare inclusioni fluide di idrogeno e metano, informazioni preziose per ricostruire la storia della formazione di questi gas.
Le rocce rinvenute in Groenlandia, ad esempio, hanno un’età che risale a 3,8 miliardi di anni fa, e presentano degli intrusivi rimasti all’interno, tracce della vita attiva di quel periodo. Gli scienziati ritengono che i meccanismi di subduzione fossero già operativi, favorendo così la creazione di idrogeno. Questo gas potrebbe essersi diffuso verso l’alto attraverso le crepe delle rocce, raggiungendo ambienti dove le temperature erano favorevoli alla vita. Le implicazioni di tali scoperte sono enormi, suggerendo che le prime forme di vita potrebbero essersi sviluppate nel profondo della crosta prima di emergere sulla superficie.
Le scoperte effettuate dal Deep Carbon Lab non riguardano solo la storia della vita sulla Terra, ma gettano anche luce sulle possibilità di vita microbica su altri pianeti. La formazione di idrogeno attraverso il processo di serpentinizzazione potrebbe essere un fattore comune anche in altri mondi, rendendo l’idrogeno un elemento cruciale nella ricerca di vita extraterrestre.
In aggiunta, le informazioni raccolte riguardo all’idrogeno bianco hanno sfide anche nel contesto della sostenibilità energetica futura. Si sta studiando come l’idrogeno potrebbe diventare un pilastro nel mix energetico globale, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale delle fonti tradizionali di energia. Con l’aumento della consapevolezza sull’importanza della sostenibilità, le ricerche sul ruolo dell’idrogeno iniziano ad avere un’importanza sempre più rilevante.
Le esplorazioni del Deep Carbon Lab rappresentano così un affascinante intreccio di scienza, storia e possibilità di innovazione nel campo energetico, aprendo nuove strade per comprendere la vita e la nostra interazione con il pianeta.
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