Ergastolo a Salvatore Aldobrandi per l’omicidio di Sargonia Dankha, avvenuto in Svezia nel 1995

Salvatore Aldobrandi condannato all’ergastolo per l’omicidio di Sargonia Dankha, scomparsa nel 1995 in Svezia. La sentenza chiude un caso irrisolto da decenni, portando giustizia alla vittima e alla sua famiglia.
Ergastolo a Salvatore Aldobrandi per l’omicidio di Sargonia Dankha, avvenuto in Svezia nel 1995 - (Credit: genova.repubblica.it)

Salvatore Aldobrandi, un settantacinquenne originario di Sosti, Cosenza, ha ricevuto la condanna a ergastolo per l’omicidio di Sargonia Dankha, una giovane donna scomparsa nel 1995 a Linköping, in Svezia. La decisione della corte giunge dopo anni di indagini e un arresto che ha riaperto un caso considerato irrisolto. Con il sostegno delle prove presentate dai pubblici ministeri, questo tragico episodio ha finalmente trovato una risoluzione. Il percorso giudiziario si è rivelato complesso e tormentato, rivestendo un’importanza significativa non solo per la vittima e le sue famiglie, ma anche per un’intera comunità che ha atteso giustizia per decenni.

I fatti del caso: la scomparsa di Sargonia

Il 13 novembre del 1995, Sargonia Dankha, ventunenne di origini irachene, sparisce misteriosamente a Linköping, lasciando dietro di sé parentesi di ansia e interrogativi. La giovane era ben integrata nel tessuto sociale svedese, e la sua scomparsa ha subito suscitato allarme tra le forze di polizia, che hanno avviato un’indagine approfondita. Fin dall’inizio, Salvatore Aldobrandi è emerso come il principale sospettato. La sua presenza nella vita di Sargonia e le sue azioni nelle ore immediatamente successive alla sua scomparsa hanno attirato l’attenzione degli investigatori.

Le indagini iniziali non portarono ad alcun risultato concreto, e il caso rimase freddo per diversi anni. Solo nel 2023, grazie a nuove tecnologie e testimonianze scottanti, il caso di Sargonia sembra trovare una luce. Aldobrandi, che nel frattempo era tornato a vivere a Sanremo, è stato arrestato, segnando un punto di svolta decisivo nelle indagini. La pressione della polizia svedese e il ritrovamento di tracce di sangue della giovane all’interno della sua automobile hanno infine portato alla riapertura del caso e alla pressione per l’accusato.

L’arresto e le prove schiaccianti

Il 2023 ha rappresentato un anno cruciale per il caso di Sargonia. L’arresto di Aldobrandi si è basato su particolarezze inquietanti e dettagli che nessuno avrebbe osato immaginare. Le testimonianze pesanti, in particolare quella di un collega barista, hanno messo in luce la richiesta di Aldobrandi di aiuto per “dare fine” a un corpo, manifestando dettagli inquietanti sui suoi intenti.

La polizia ha trovato evidenze importanti: tracce di sangue della giovane scomparsa nell’auto dell’ex moglie di Aldobrandi, che gliel’aveva prestata poche ore prima della fine della scomparsa. Queste scoperte hanno rafforzato il legame tra il sospettato e l’omicidio, creando un quadro di accuse estremamente grave. Nonostante ciò, quando Aldobrandi è stato inizialmente arrestato, non si sono potuti raccogliere ulteriori elementi per un processo immediato a causa dell’assenza del cadavere e di un testimone oculare.

L’evoluzione della vicenda e il processo di giustizia

Aldobrandi, dopo essere stato inizialmente rilasciato, ha trovato modo di abbandonare la Svezia. Negli anni successivi, la sua vita ha subito notevoli cambiamenti: si è risposato tre volte e ha avuto figli da ciascuna delle sue mogli. Questo cammino ha costituito un’ulteriore macchia sulla già complessa storia di un uomo le cui azioni lo hanno portato a fronteggiare il sistema giudiziario alla fine.

Non appena le indagini hanno ripreso vigore, l’idea di un processo a carico di Aldobrandi è tornata prepotentemente alla ribalta. La decisa insistenza dei pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi ha permesso alla corte di ascoltare i dettagli inquietanti del caso. La loro richiesta di ergastolo per omicidio volontario arriva con un piglio deciso, mirato a porre fine alla lunga attesa della giustizia per Sargonia e i suoi cari.

La sentenza rappresenta quindi un’epilogo in un caso che ha mietuto dolore e sofferenza per oltre due decenni. Mentre il sipario si chiude su questa infausta vicenda, il nome di Sargonia Dankha riemergerà nella memoria collettiva come un simbolo della lotta per la giustizia e il diritto di ogni vittima di essere ascoltata.