La Corte internazionale di giustizia ha chiuso questa settimana un’importante serie di audizioni dedicate alle responsabilità dei governi nel combattere il surriscaldamento globale. Questo evento rappresenta una tappa storica nella giurisprudenza ambientale, con potenziali ripercussioni significative per la lotta contro i cambiamenti climatici a livello mondiale. I riflettori sono puntati sulla sentenza attesa che potrebbe chiarire quali obblighi hanno le nazioni e le conseguenze di eventuali inadempienze.
Il caso Vanuatu: una voce dalla frontiera della crisi climatica
Il punto di partenza di questo processo è Vanuatu, un piccolo Stato insulare che si trova a 1750 chilometri di distanza dall’Australia e ospita circa 300mila abitanti. Vanuatu, secondo il World Risk Index del 2021, è stato identificato come il Paese più vulnerabile ai cambiamenti climatici. Gli abitanti di quest’isola, a partire dall’innalzamento del livello del mare, affrontano sfide quotidiane legate a eventi meteorologici estremi, come uragani e inondazioni, che stanno diventando sempre più frequenti a causa dell’aumento delle temperature globali.
Arnold Kiel Loughman, procuratore generale di Vanuatu, ha evidenziato i gravi impatti delle catastrofi climatiche sulla vita quotidiana e la cultura locale. Il governo di Vanuatu ha investito notevoli sforzi per trovare soluzioni giuridiche grazie all’impegno di un gruppo di studenti di giurisprudenza dell’Università del Pacifico del Sud nel 2019. Le loro idee hanno portato il governo a presentare il caso all’assemblea generale delle Nazioni Unite, culminando nella richiesta all’Aia di chiarire gli obblighi degli Stati in rapporto ai cambiamenti climatici.
Il procuratore ha affermato che il paese sta cercando giustizia climatica, auspicando una pronuncia che stabilisca con chiarezza le responsabilità degli Stati riguardo la protezione dell’ambiente. Ogni passo compiuto da Vanuatu è animato dalla necessità di amplificare le voci dei Paesi vulnerabili e di affrontare con urgenza la crisi climatica.
Le aspettative dalla Corte: obblighi legali e giustizia climatica
Nel corso delle audizioni, la Corte ha valutato la questione centrale che riguarda gli obblighi degli Stati nella mitigazione dei cambiamenti climatici, ovvero la riduzione delle emissioni di gas serra. I giudici dovranno non solo stabilire cosa deve fare un governo, ma anche quali siano le implicazioni legali se tali obblighi non vengono rispettati. La questione di fondo risiede nella necessità di garantire che le leggi internazionali relative alla responsabilità climatica vengano rispettate e applicate.
Loughman ha sottolineato l’importanza di un parere che chiarisca le norme giuridiche che gli Stati devono seguire, portando alla luce una nuova era di responsabilità legale nel contesto della giustizia climatica. Questo potrebbe significare che in futuro i governi potrebbero affrontare conseguenze legali se non rispettano gli impegni assunti in materia di protezione dell’ambiente.
È previsto che la Corte emetta la sua sentenza nei primi mesi del 2025, mentre i giudici hanno ascoltato le argomentazioni dei diversi Paesi, concedendo loro trenta minuti ciascuno per esporre le proprie posizioni.
Direttive globali a rischio: le reazioni dall’industria dei combustibili fossili e dagli Stati
Le audizioni hanno suscitato reazioni contrastanti, in particolare dai governi che si affidano pesantemente ai combustibili fossili. Stati come l’Arabia Saudita hanno affermato che gli accordi firmati in sede internazionale non hanno il valore di vincoli legali. Da parte degli Stati Uniti, Margaret Taylor ha difeso gli accordi esistenti, sostenendo che l’Accordo di Parigi del 2015 e la Convenzione sul clima del 1992 rappresentano un chiaro consenso globale nella battaglia contro il cambiamento climatico.
La posizione degli Stati Uniti è stata appoggiata da altri grandi attori globali come Cina e Regno Unito. Tuttavia, questa prospettiva è stata criticata dai movimenti per la giustizia climatica e dai Paesi del sud del mondo, che hanno maggiormente sofferto per gli effetti del cambiamento climatico e hanno contribuito meno al surriscaldamento globale. La tensione tra le aspettative di progresso legale e le resistenze delle potenze globali rappresenta un elemento cruciale di questo dibattito.
Le implicazioni per la giustizia climatica: l’attesa per una sentenza storica
Ciò che emerge da questi eventi all’Aia è la possibilità che questo procedimento possa influenzare profondamente la lotta contro il cambiamento climatico. Anche se il parere che deriverà dalle audizioni non sarà vincolante, la sua influenza potrebbe estendersi a livello politico e giuridico. Potrebbe non solo influenzare i futuri negoziati internazionali sul clima, ma anche fungere da precedente in numerose azioni legali che sono già in corso per la giustizia climatica in tutto il mondo.
Loughman ha affermato che la sentenza della Corte avrà un significato sia morale che legale, orientando le politiche globali e fungendo da strumento di azione chiave per promuovere la giustizia climatica. Con la crescente attesa per le prossime decisioni della Corte, la comunità internazionale è chiamata a riflettere seriamente sul proprio ruolo nella tutela dell’ambiente e nella salvaguardia delle generazioni future.