A partire dal 1 gennaio 2025, la NASPI, l’indennità di disoccupazione italiana, subirà significative modifiche. Attraverso due emendamenti inseriti nella Manovra e nel Collegato Lavoro, le nuove disposizioni consentiranno ai lavoratori di ricevere il sussidio anche in caso di dimissioni volontarie. Tuttavia, queste novità comportano anche delle restrizioni, specialmente per chi ha avuto contratti discontinui. Scopriamo di cosa si tratta.
Naspi e dimissioni volontarie: una nuova opportunità
Il cambiamento principale riguarda la possibilità per i dipendenti di richiedere la NASPI anche dopo essersi dimessi volontariamente da un contratto a tempo indeterminato, a condizione di aver accumulato almeno 13 settimane di contribuzione nell’anno precedente alla cessazione del contratto di lavoro. Questa modifica rappresenta un notevole passo avanti rispetto alla situazione attuale, dove l’indennità era concessa esclusivamente in caso di disoccupazione involontaria, come il licenziamento o la scadenza del contratto.
Questa nuova opportunità potrebbe risultare vantaggiosa per i lavoratori che si trovano costretti a lasciare un impiego a causa di situazioni lavorative insoddisfacenti, come il mobbing o le vessazioni. Con l’accesso alla NASPI, i dipendenti potranno finalmente avere una “via di fuga” da contesti professionali dannosi senza temere di rimanere privi di sostentamento. È fondamentale ricordare che, per ricevere l’indennità, è necessario fare richiesta al sistema informativo unificato delle politiche lavorative e dichiarare di essere pronti a riprendere un’attività lavorativa.
Limiti e condizioni per l’accesso alla Naspi
Nonostante si tratti di una modifica positiva, l’introduzione di questa nuova misura comporta anche dei limiti significativi. A partire dal 10 gennaio 2025, se un lavoratore che si è dimesso volontariamente successivamente perde un nuovo lavoro per motivi come licenziamento o il termine di un contratto a tempo determinato, potrà ricevere la NASPI solo se ha maturato nuovamente almeno 13 settimane di contribuzione tra la dimissione e il successivo evento di cessazione. Questo significa che chi si troverà a passare da un impiego all’altro rischierà di non ricevere il sostegno economico di cui ha bisogno, creando potenzialmente situazioni di disagio.
Questa regolamentazione è stata ideata per prevenire comportamenti opportunistici, come le dimissioni strategiche che mirano a ottenere il sussidio. Tuttavia, il risultato potrebbe rivelarsi negativo per le categorie più fragili, che spesso si trovano a fronteggiare situazioni di precarietà lavorativa. Sindacati e partiti dell’opposizione stanno già sollevando preoccupazioni riguardo a questo aspetto della riforma.
Normativa sulle assenze ingiustificate e impatti sulla Naspi
Un altro punto critico riguarda le normative introdotte per il mantenimento della NASPI. Secondo la nuova legge, i lavoratori che si assenteranno dal lavoro senza un giustificato motivo per un numero eccessivo di giorni perderanno il diritto all’indennità di disoccupazione. È stato fissato un limite di 15 giorni di assenza ingiustificata, ma con alcune deroghe previste nei contratti collettivi nazionali di lavoro, di solito inferiori ai 3 giorni.
Questo vincolo comporterà che, nel caso di assenze prolungate e ingiustificate, il lavoratore possa trovarsi in una situazione di dimissioni tacite, per le quali non è previsto il ricorso al giudice del lavoro. La scelta di applicare sanzioni per le assenze prolungate, sebbene possa sembrare giusta per mantenere la produttività e il rispetto delle norme lavorative, potrebbe generare ulteriori problematiche per i lavoratori già in difficoltà.
In sintesi, la riforma che riguarda la NASPI dal 2025 segna un cambiamento decisivo nel panorama dei diritti dei lavoratori in Italia, ma le sue implicazioni richiedono un’attenta analisi e valutazione per evitare che creino disparità e incertezze per le categorie più vulnerabili. Le prossime settimane saranno decisive per capire come verranno applicate queste nuove normative e quali saranno le reazioni da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali.