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Mazara, mani fedelissimi Messina Denaro su aste e pascoli: 17 arresti

La morte di Matteo Messina Denaro non ha segnato la fine del suo impero criminale a Trapani. Anzi, le indagini rivelano che i suoi fedelissimi continuano a operare e a gestire le attività legate alla criminalità organizzata. Nelle ultime settimane, il nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo ha portato a termine una vasta operazione che ha rivelato come l’organizzazione mafiosa abbia trovato nuovi leader tra gli eredi del mandamento di Mazara del Vallo. L’inchiesta, coordinata dalla procura di Maurizio de Lucia, ha messo in luce i tentacoli della mafia nel controllo di settori cruciali come le aree di pascolo e le aste giudiziarie.

Fatti e dinamiche dell’operazione

Le intercettazioni effettuate dal Gico hanno svelato la riorganizzazione interna dell’organizzazione mafiosa, dimostrando che, nonostante le forze dell’ordine abbiano recentemente arrestato diversi capi storici, i legami con la criminalità permanevano molto forti. In particolare, alcuni familiari di noti padrini sono risultati attivi nel coordinare le operazioni illecite, specialmente nei settori del controllo delle aree di pascolo, un’area strategica per l’approvvigionamento di risorse economiche in favore delle attività mafiose.

Tra gli arrestati figura Alessandro Messina, considerato l’ultimo capo del mandamento di Mazara, e alcuni membri della famiglia di Vito Gondola, che ha avuto un ruolo centrale nella struttura operativa del gruppo. Gli arresti, avvenuti in un’operazione che ha visto coinvolte 17 persone , hanno dimostrato la portata della rete intimidatoria e di sostegno che ancora circonda le operazioni mafiose.

L’imprenditore nel mirino

Un ruolo particolare nello sviluppo delle attività mafiose è emerso intorno alla figura di Luigi Prenci, imprenditore con legami consolidati nel settore della grande distribuzione. Prenci, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe avvantaggiato la mafia in cambio di protezione e supporto per le sue attività commerciali. Secondo gli inquirenti, l’imprenditore ha sfruttato la sua posizione per garantire posti di lavoro agli affiliati mafiosi e ai loro familiari, così come per facilitare l’acquisto di beni in asta riconducibili a contatti mafiosi.

In un comunicato della Guardia di Finanza, si legge che Prenci ha potuto espandere i propri affari grazie a un rapporto privilegiato con il mandamento di Mazara del Vallo, iniziato negli anni 2000. La sua rete commerciale non si ferma ai supermercati, ma si estende anche ad aziende nel campo della produzione alimentare. L’accusa solleva interrogativi su come la mafia e il business possano essere intrecciati, cacciando eventuali squilibri tra economia legale e illegalità.

Prospettive future e sfide delle indagini

Questo scenario complesso porta alla necessità di un monitoraggio costante sullo stato delle indagini e sulle possibili evoluzioni della situazione mafiosa a Trapani. Mentre il vuoto lasciato da Messina Denaro sembra al momento occupato da membri della sua cerchia, l’operato delle forze dell’ordine, come evidenziato dall’ultima operazione, è determinante per arrestare il consolidamento di nuove figure di riferimento del crimine organizzato.

Il lavoro della procura e delle forze di polizia rimane cruciale, così come la collaborazione della comunità locale nel contrastare i fenomeni di intimidazione e illegalità. La vigilanza resta alta, perché nel cuore della Sicilia i legami tra mafia e economia si rivelano più tenaci di quanto si possa immaginare. Le indagini attuali definiranno in che misura i fraintendimenti delle dinamiche sociali ed economiche possano influenzare la vita quotidiana dei cittadini e la lotta alla mafia.

Giulia Martini

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